Parlando di San Charbel, Paolo Vi ha detto: «Un nuovo membro di santità monastica arricchisce con il suo esempio e con la sua intercessione tutto il popolo cristiano».
Youssef Antoun Makhlouf nacque l’8 maggio 1828 a Beqaa Kafra (Libano nord) da genitori maroniti, Antoun Makhlouf e Brigitte Chidiac.
Era un ragazzo semplice che si dedicava ad accudire il gregge di famiglia. Nel 1851 decise di entrare in monastero di Annaya ed alla fine del suo noviziato cambiò il suo nome di battesimo in quello di Charbel, un martire antiocheno dell’epoca di Traiano. Il 23 luglio 1859 fu ordinato sacerdote.
Per 16 anni fece la normale vita del monaco durante i quali si distinse per la straordinaria mitezza e l’assoluta obbedienza. Il 13 febbraio del 1875, dietro sua richiesta, ottenne dal superiore di farsi eremita nel vicino eremo situato a 1400 m sul livello del mare. Il 16 dicembre 1898, mentre celebrava la messa, fu colpito da un’emiplegia ed entrò in un’agonia lunga 8 giorni che terminò il 24 dicembre 1898. Un gran numero di miracoli gli sono stati attribuiti.
Fu beatificato da Paolo VI nel 1965 e da lui canonizzato nel 1977.
La liturgia lo ricorda il 24 luglio.
Per beatificare chi viene acclamato santo o portato all’attenzione per qualche virtù o per qualche miracolo compiuto ancora in vita, la Chiesa chiede che, per sua intercessione, sia riconosciuto almeno un miracolo dopo la morte per avvalorare che questa persona è nella comunione piena con Dio, è in Paradiso. Per Charbel è avvenuto esattamente il contrario.
Solo dopo la sua morte la grandezza della sua unione con Dio è emersa grazie ai
numerosi e straordinari miracoli che Dio ha compiuto per sua intercessione.
La sua vita è trascorsa per molti anni in monastero e poi
per 23 anni è vissuto come eremita, nel nascondimento più assoluto. Non ha lasciato nulla di scritto, né lettere, né riflessioni e tanto meno un diario spirituale. Dopo la morte fu riaperta la sua tomba a causa di
una luce che usciva dal luogo di sepoltura di Charbel ed il suo corpo apparve incorrotto e ricoperto di uno strano sudore misto a sangue. Da quel momento la sua tomba è un polo d’attrazione per fedeli di qualsiasi razza, religione e confessione e sono centinaia le guarigioni inspiegabili secondo la scienza medica.
Di Charbel non esisteva nessuna fotografia o ritratto. L’8 maggio 1950, in coincidenza con la sua data di nascita, quattro missionari maroniti scattarono una foto di gruppo insieme al custode presso la sua tomba. Durante lo sviluppo apparve un sesto personaggio, un monaco dalla barba bianca che i monaci più anziani riconobbero come il volto di Charbel. Non vi era alcun fotomontaggio, solo il desiderio del Signore di far scorgere il volto di chi tanto l’aveva amato!
La santità non è fare grandi cose ma diventare pienamente se stessi lasciandosi invadere dalla grazia di Dio, del tutto fedeli alla propria vocazione. Charbel che aveva vissuto una vita nascosta al mondo ma totalmente in Dio, è stato reso grande e visibile solo dalla potenza di Dio manifestatasi dopo la sua morte. Si può davvero affermare che lui non ha cercato di essere santo agli occhi degli uomini ma di lasciarsi riempire in pienezza dalla santità di Dio.