Nacque in India nel territorio di Goa. Il suo nome è portoghese perché a quel tempo Goa era un possedimento dei Portoghesi. Diventò sacerdote a 25 anni e fu un missionario instancabile.
José nacque in India il 21 aprile 1651, a Benaulim, territorio di Goa (un distretto dell'India), allora possedimento portoghese, da genitori discendenti da bramini, ma cristiani da generazioni. A Goa compì gli studi universitari; divenne sacerdote nel 1676 all’interno della Congregazione di san Filippo Neri (Oratoriani). Il patriarca di Goa lo mandò nel Kanara a svolgere il suo apostolato, ma nel 1686 si allontanò per andare missionario a Ceylon (attuale Sri Lanka) da dove erano stati espulsi tutti i missionari cattolici ad opera dei calvinisti olandesi. Portò clandestinamente aiuto ai cattolici del luogo e arrivò sino alla capitale, Colombo. Nel 1696 fu raggiunto da un gruppo di confratelli oratoriani e quindi costituì una missione per tutta l’isola che ebbe un grande sviluppo; rifiutò la carica di vicario apostolico per l’isola per rimanere umile missionario. Si addormentò nel Signore il 16 gennaio 1711 a Kandy. È stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 21 gennaio 1995 a Colombo e canonizzato da Papa Francesco nel 2015 in occasione del suo viaggio apostolico in Sri Lanka.
La sua memoria liturgica si celebra il 16 gennaio.
Fu il primo indiano ad essere beatificato
José si introdusse clandestinamente a Ceylon, oppressa dalla dura persecuzione scatenata contro i cattolici dai calvinisti olandesi, in abito da schiavo ed effettivamente mendicante. Non vi trovò più sacerdoti - tutti erano stati uccisi o espulsi dall’isola -, le chiese erano profanate o distrutte ed i fedeli dispersi, terrorizzati dalla minaccia di morte. La maggior parte dei cattolici avevano assunto esteriormente gli usi calvinisti e non osava esporsi alla persecuzione. Josè adottò un sistema coraggioso: si pose al collo la corona del Rosario e cominciò a bussare di porta in porta, chiedendo l’elemosina. Tra l’indifferenza dei buddisti e degli induisti, notò qualcuno che guardava con interesse quel segno della pietà cattolica: incominciò da una famiglia, e quando fu sicuro della sua fedeltà rivelò la propria identità.
Con la celebrazione notturna della Messa e l’ascolto di quelli che a lui si rivolgevano per la Confessione ed il colloquio spirituale iniziò al rievangelizzazione dell’isola. Imparò il linguaggio Tamil e il Cingalese, per far risuonare il nome di Gesù Cristo nelle lingue e nelle culture di quel Paese e ristabilì in Ceylon una Chiesa con radici molto profonde. La carità e l’intelligenza di Josè dimostrata durante l’epidemia di vaiolo scoppiata nel 1697, gli fece guadagnare il rispetto di tutti. Josè, primo indiano ad essere beatificato, asceta assolutamente povero e disposto ad ogni sacrificio, realizzò una feconda unione dell’ascetismo orientale con la spiritualità cristiana.
Giovanni Paolo II nell’omelia della beatificazione ha detto: «In considerazione di tutto ciò che padre Vaz fu e fece, di come lo fece e delle circostanze nelle quali riuscì a svolgere la grande opera di salvare una Chiesa in pericolo, è giusto salutarlo come il più grande missionario cristiano che l'Asia abbia mai avuto e dovrebbe ispirarvi ad essere dei testimoni del Vangelo, instancabili e colmi di spirito, sia nelle vostre famiglie che nelle vostre comunità».