«Cerchiamo di comprendere la mano di Dio Padre che con infinito amore si prende cura di noi»
Leopoldo nasce a Castelnuovo di Cattaro, l'odierna Herceg-Novi in Montenegro, il 12 maggio 1866, penultimo dei 16 figli di Pietro Mandić e di Carolina Zarević, famiglia cattolica croata. Battezzato col nome di Bogdan, entra sedicenne nel seminario cappuccino di Udine, prende il nome di Leopoldo, pronuncia i voti e nel 1890 è sacerdote. Lo mandano a Zara e a Capodistria. Ma nella guerra del 1915-18, essendo croato (ossia “suddito nemico”), deve risiedere nel meridione d’Italia.
Nel 1906 viene trasferito a Padova dove si dedica esclusivamente al rito della confessione. Nel 1923 lo destinano a Fiume come confessore dei cattolici slavi, ma dopo pochi mesi il vescovo di Padova ottiene dai superiori cappuccini il suo ritorno a Padova.
Il 30 luglio del 1942 muore per un tumore all’esofago diagnosticato qualche mese prima.
Sono 5 i santi testimoni dell’Anno Santo straordinario (Giubileo della Misericordia) voluto da papa Francesco. Leopoldo è uno di essi e per questo le sue spoglie sono state esposte dal 5 all’11 febbraio 2016 nella basilica di San Pietro, a Roma, assieme a quelle di padre Pio.
Piccolo di statura, curvo e malfermo di salute, ha trascorso quasi la metà della sua vita nel convento dei Cappuccini di Padova, chiuso nella sua cella-confessionale di due metri per tre.
Confessava 12, 13, anche 15 ore al giorno e assolveva tutti. A chi lo accusava di essere troppo magnanimo con i penitenti rispondeva: «Ci ha dato l’esempio il Signore! Non siamo stati noi a morire per le anime, ma ha sparso lui il suo sangue divino. Dobbiamo quindi trattare le anime come ci ha insegnato lui col suo esempio. Perché dovremmo noi umiliare maggiormente le anime che vengono a prostrarsi ai nostri piedi? Non sono già abbastanza umiliate? Ha forse Gesù umiliato il pubblicano, l’adultera, la Maddalena?».
In confessionale non si dilungava mai in parole, spiegazioni, discorsi e lo spiegava così: «Nel confessionale, non dobbiamo fare sfoggio di cultura, non dobbiamo parlare di cose superiori alla capacità delle singole anime, né dobbiamo dilungarci in spiegazioni, altrimenti, con la nostra imprudenza, roviniamo quello che il Signore va in esse operando. È Dio, Dio solo che opera nelle anime! Noi dobbiamo scomparire, limitarci ad aiutare questo divino intervento nelle misteriose vie della loro salvezza e santificazione».
Papa Francesco lo ha definito modello per i confessori perché «è precisamente un cuore di padre che noi vogliamo incontrare quando andiamo nel confessionale».
Il sogno di Leopoldo era spendere la sua vita per riconciliare con Roma i cristiani orientali separati, ma il disegno di Dio era conformarlo al suo cuore misericordioso, che accoglie tutti, incondizionatamente, come benissimo lo descrive il Salmo 144: «Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti».
Beatificato nel 1976 da Paolo VI, Leopoldo viene canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1983. Il Martirologio Romano indica il 30 luglio come giorno della sua memoria, ma a Padova lo festeggiano nel giorno della sua nascita, il 12 maggio.