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28 Settembre 2024

San Lorenzo Ruiz

Il 28 settembre la Chiesa viene ricordato questo laico filippino, insieme ai compagni martiri domenicani in Giappone
San Lorenzo Ruiz
«Anche se fossero mille le vite di questo corpo, le farei uccidere tutte se mi costringete a voltare le spalle a Cristo»
Nasce nel 1600 circa a Binondo, vicino Manila (capitale delle Filippine) da padre cinese e madre filippina, entrambi cattolici. Si lega al convento dei domenicani e fa parte della confraternita del Rosario. Prende in sposa Rosario, una nativa, con cui ha 3 bambini, due figli e una figlia.
Nel 1636 la sua vita serena e tranquilla viene stravolta da un evento particolare: viene accusato falsamente dell’omicidio di uno spagnolo, in modo da non colpire il reale autore dell’atto malvagio. Per sfuggire alla cattura sale su un vascello che sta portando dei missionari domenicani in Giappone. Dopo pochi mesi dal loro arrivo vengono arrestati perché riconosciuti cristiani. 
Nel 1637 vengono processati sotto tortura allo scopo di confessare la propria religione e rinnegarla. Alcuni abiurano, ma non Lorenzo che trova la morte dopo aver sopportato terribili torture. È il protomartire delle Filippine. Viene ricordato il 28 settembre, insieme agli altri che con lui hanno sacrificato la vita per Dio.

Il primo martire originario delle Filippine

Volevano ingiustamente incolparlo di un omicidio per proteggere il potente autore del delitto, così Lorenzo si imbarcò su una nave piena di missionari domenicani verso il Giappone, formati da anni per lo scopo: Antonio Gonzales, spagnolo, Gugliemo Courtet, francese, entrambi professori di teologia; Vincenzo Shiwozuka e Lazzaro da Kioto, entrambi giapponesi che avevano dovuto fuggire per professare la loro fede. Dopo un mese di fortunosa navigazione, sbarcarono ad Okinawa. In un clima politico ostile alla Chiesa Cattolica per via dell’odio religioso dello shogun (il dittatore militare) del tempo, dopo pochi mesi furono arrestati e sottoposti a torture particolarmente disumane. Li si costringeva a bere una grande quantità di acqua per poi fargliela rigettare facendo violenta pressione sul loro ventre; si conficcavano dei pezzi di canna di bambù sotto le unghie e negli organi sessuali. Tanto erano crudeli queste torture che i padri Vincenzo e Lazzaro si dissero pronti a rinunziare alla fede cristiana. Ma quando si ritrovarono con gli altri in carcere, i due chiesero perdono a tutti e ribadirono la loro volontà di morire martiri. Lorenzo e tutti gli altri, vennero condotti sulla collina di Nishizaka dove vennero sospesi con i piedi ad una forca, col capo immerso in una fossa di rifiuti chiusa attorno al collo da due pezzi di legno circolari. Resistettero tre giorni senza che nessuno rinnegasse la propria fede. I carnefici, stanchi di attendere, li decapitarono. 
Lorenzo, sposato con figli, partito casualmente per il Giappone senza il ruolo preciso di missionario come erano gli altri, quasi tutti religiosi e preparati da anni alla missione nell’inospitale Giappone, fu il più pronto e deciso a sacrificarsi per amore di Dio. È un’ulteriore occasione per vedere come la grazia di Dio opera attraverso persone apparentemente impreparate, ritenute dei delinquenti (chi garantiva loro che Lorenzo non fosse l’autore effettivo del delitto?) o dei vili fuggitivi. Veramente l’uomo guarda le apparenze mentre Dio guarda il cuore!