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23 Dicembre 2024

San Servolo il Paralitico

Il 23 dicembre la Chiesa ricorda il santo paralitico
San Servolo il Paralitico
«Un uomo che Dio ha santificato nella povertà e tra continue malattie» (San Gregorio Magno)
Nel tardo VI secolo, Servolo, un paralitico povero di mezzi, dimorava sotto i portici della strada che conduceva all’antica Basilica di S. Clemente a Roma. Era diventato paralitico da bambino e la devastante malattia l’accompagnò per tutta la sua vita, condizionandolo in tutte le attività. Ad aiutarlo c’erano la madre ed un fratello; tutto quel poco che riceveva dalle elemosine, tramite i due familiari lo distribuiva ai poveri. Non sapeva leggere, ma si era comprato i libri delle Sacre Scritture (a quel tempo erano molto costosi) e quando passavano dei sacerdoti li pregava di leggerglieli, ed innalzava giorno e notte, le lodi a Dio, padre di tutte le creature. Alla sua morte, nel 590, fu presente il segretario di San Gregorio Magno, da poco sul soglio pontificio (590-604), il quale raccontò al papa i particolari; a sua volta San Gregorio Magno, nei famosi “Dialoghi” inserì un capitolo dedicato al santo paralitico, giunto fino a noi. La liturgia lo ricorda il 23 dicembre.

Le sue membra paralitiche (cioè “simili a pietra”, secondo l’etimologia della parola) richiedevano per ogni necessità o spostamento l’aiuto di sua madre e dei suoi fratelli. Da solo non poteva far altro che giacere immobile ma, nella consapevolezza di essere figlio di Dio, non si lasciava imprigionare dal lamento per ciò che non poteva fare, bensì si lasciava immergere nel mistero di Dio che lo abitava e lo amava per quello che era, tanto da non pronunziare parola che non fosse di lode e gioioso ringraziamento a Dio.
Si faceva leggere i testi delle Sacre Scritture ed aveva imparato a memoria alcuni passi, tanto da recitarli assiduamente, come in una continua preghiera.
Per i pellegrini ed i fedeli che si recavano alla Basilica di San Clemente a Roma era una tappa quasi obbligatoria soffermarsi presso di lui per ricevere parole di conforto, di consiglio, di esortazione nell’indirizzare sempre più la loro esistenza seguendo Gesù, via, verità e vita.
Quando, ancora giovane, si sentì vicino alla morte, pregò i pellegrini presenti di cantare con lui. Ad un certo punto li interruppe, perché sentiva i canti degli angeli nel cielo. Morì così, il 23 dicembre del 590, cantando. La sua storia è stata narrata da San Gregorio Magno nei suoi “Dialoghi”, altrimenti sarebbe stata sconosciuta ai più, così come è successo a tantissimi altri che hanno fatto della loro vita una lode a Dio.
Di lui San Gregorio disse che non aveva altra libertà che quella dello spirito, infatti «Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c'è libertà» (1Cor 3,17). La sua piena libertà era fondare la sua esistenza sull’essere in Dio e non sull’efficienza, sull’apparire, sull’esercitare qualsiasi forma di potere.
Servolo non è stato un martire, né un monaco, né vescovo, ma è stato uno dei tanti piccoli che si è lasciato stupire dal Mistero manifestato da Cristo: l’onnipotente Dio ha preso dimora in ogni uomo e si rivela in modi impensabili se ci si lascia amare da lui e lo si ama.