«Si diede tutta a Cristo, anche nel momento della crocifissione»
Nacque nel 1381 a Roccaporena, un paesino montano nei pressi di Cascia (PG). Per obbedire agli anziani genitori nel 1395 sposò un giovane del borgo, Paolo Mancini, violento ed irrequieto, con il quale ebbe due figli. Nel 1413 il marito venne ucciso. Rita perdonò gli assassini, ma i due figli adolescenti giurarono vendetta. Si racconta che Rita abbia pregato Dio di portargli via i figli piuttosto che vederli macchiati della colpa di omicidio. Poco tempo dopo i due giovani morirono di malattia. Nel 1417 vedova e sola, chiese di entrare nel monastero agostiniano di Cascia, nel quale venne accolta solo dopo la riappacificazione pubblica tra i fratelli del marito ed i suoi uccisori. Il venerdì santo del 1432, mentre era in contemplazione davanti al crocifisso, una spina della corona del Cristo si conficcò nella sua fronte, producendole una profonda piaga, la quale le procurò un dolore durato fino alla morte. Nel 1443 si ammalò gravemente e rimase a letto per lunghi anni. All’alba del 22 maggio del 1457 terminò la vita terrena di Rita. I molti prodigi avvenuti per sua intercessione le fece meritare il nome di santa delle cose impossibili. Il giorno stabilito nel calendario liturgico per la festa della santa è il 22 maggio.
Sarebbe potuta essere una mediocre o anche una pessima cristiana, inasprita dalla sofferenza e provocata alla ribellione. E invece, in ogni situazione, per quanto dolorosa o difficile, Rita si immergeva nei sentimenti di Gesù, si lasciava rivestire di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza (Col 3,12).
Dal marito, impetuoso e violento, sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, e la sua perseveranza di rispondere con dolcezza alla violenza riuscì a trasformare con il tempo il carattere del coniuge e a renderlo più docile.
Quando il marito fu ucciso da vecchi nemici, lei espresse subito il suo perdono per gli assassini. Non passò il resto dei suoi giorni a piangere, ma ebbe il coraggio di lottare per interrompere la vendetta a catena, che caratterizzava le faide di quei tempi, e scegliere la pace.
Nella sua vita aveva imparato dal Signore a ricavare il bene da ogni situazione dolorosa e in monastero seppe fare altrettanto: avvinta dall’amore di Dio, si lasciò conformare totalmente a Gesù, agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
La vita di santa Rita ci dimostra come sia possibile vivere in Gesù in tutti gli stati di vita. Sia come figlia, che come sposa, madre, vedova e suora di clausura, il suo scopo era quello di vivere in Cristo Gesù, di immergersi totalmente, nella situazione in cui si trovava, nell’amore che lo Spirito Santo aveva effuso in lei nel momento del battesimo. Non fermiamoci ad atti devozionali come quello di accendere una candela davanti all’immagine di santa Rita, bensì impariamo da lei la determinazione ad essere pienamente conforme a Gesù; lasciamoci riempire totalmente dall’amore di Dio per essere, come Rita, tutto bene, senza alcun male.