«Quando si ha come fine Dio soltanto, tutte le opposizioni si spianano, tutte le difficoltà si vincono».
Il lievito evangelico in ogni epoca ha suscitato e suscita discepoli di Cristo capaci di compiere sforzi generosi, di tentare vie nuove e impegnative in ogni campo della vita organizzata. Virginia è una di questi, che nel suo tempo e nella sua società, scossa da guerre e conflitti, seppe dare una risposta ai sofferenti e a coloro che vivevano ai margini.
Nata nel 1587 da una famiglia nobile (il padre fu doge di Genova nel biennio 1621-1622), fin da piccola coltivò il desiderio di consacrarsi a Dio, ma dovette accettare la decisione del padre che la volle sposa, a quindici anni, di Gaspare Grimaldi Bracelli, giovane e ricco erede di illustre casata. Dopo la nascita di due figlie, Leila ed Isabella, rimase vedova a vent’anni, ed accolse subito l’invito del Signore a servirlo nei poveri.
Il matrimonio delle due figlie le consentì di dedicarsi alle ragazze abbandonate della sua città, affinché non fossero costrette a prostituirsi, facendo loro riacquistare la dignità, la considerazione e l’affetto perso o mai sperimentato. Dapprima le ospitò nel suo palazzo e successivamente, quando questo era ormai insufficiente allo scopo, le trasferì in un ex monastero situato in località Monte Calvario, da lei preso in affitto, e le pose sotto la protezione di Nostra Signora del Rifugio.
Consapevole che Cristo non attende il misero, ma lo cerca nella totale gratuità, nel cuore dei quartieri più umili e miserabili della città andava a trovare i poveri a domicilio, faceva ricoverare i malati e gli invalidi, trovava un lavoro per le persone sane e faceva in modo che i bambini frequentassero le scuole.
La guerra tra la Repubblica Ligure ed il Duca di Savoia, spalleggiato dalla Francia, generò disoccupazione e fame, e Genova fu invasa dai profughi che fuggivano dai territori occupati. Virginia si prodigò nella loro assistenza e sistemazione.
Si dedicò anche agli “ultimi” di quel tempo, i rematori delle galere, oggi diremmo “i condannati ai lavori forzati”. Andava al porto formicolante di gente di tutte le categorie per incontrarli, ed ascoltare le loro lamentele per gli abusi subiti e quindi si prodigava perché fosse assicurata la dovuta assistenza, soprattutto quella medica.
L’amore a Cristo era il movente più profondo della sua intensa attività che l’aveva portata a creare, per quei tempi, nuove forme di carità. Naturalmente incompresa e perseguitata da alcuni, non si ribellava, non chiedeva spiegazioni, non si difendeva. Piuttosto, per amore a Cristo crocifisso accettava gli insulti serenamente e arrivava a inginocchiarsi e a pregare in pubblico per chi l'aveva offesa.
Virginia non aveva mai pensato di dar vita a una istituzione religiosa, ma per dare continuità a quanto iniziato da lei, diede vita ad una famiglia di terziarie francescane che, col tempo, si sarebbe sviluppata in due congregazioni religiose: le Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario con sede a Genova e le Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario con sede a Roma.
Morì di polmonite il 15 dicembre 1651, compianta da tutti. La sua fama di santità si accrebbe dopo la morte e si estese ulteriormente allorché, il 20 settembre 1801, la sua salma fu ritrovata incorrotta e flessibile come se fosse deceduta da poco. San Giovanni Paolo II l’ha proclamata beata a Genova il 22 settembre 1985 e poi santa a Roma nel 2003.