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16 Ottobre 2024
Ultima modifica: 16 Ottobre 2024 ore 09:31

Servizio Civile Agricolo: facciamo chiarezza

Sfruttamento? No, è formazione
Servizio Civile Agricolo: facciamo chiarezza
Foto di Giacomo Bondi
Le dichiarazioni del ministro Lollobrigida hanno creato confusione, portando a fraintendimenti sul ruolo dei giovani nel settore agricolo. Laura Milani, presidente del CNESC, chiarisce le finalità del progetto e sottolinea l'importanza di una comunicazione chiara per evitare malintesi

Dal 2 ottobre, gli enti potranno presentare i progetti per il bando di Servizio Civile Agricolo. Ma di cosa si tratta e perché se ne parla molto?
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida congiuntamente al Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, ha promosso il servizio civile tematico agricolo, prevedendo un investimento iniziale di circa 7 milioni di euro. Ciò che ha attirato l’attenzione è la serie di fraintendimenti che hanno riguardato questo tema. Infatti, a margine del G7 di Siracusa, il ministro Lollobrigida ha innescato una discussione mediatica ricca di confusione riguardo la promozione del Servizio Civile Agricolo. Il fraintendimento è iniziato dalle dichiarazioni del Ministro, definendo il progetto “parallelo” alla leva obbligatoria, e dichiarando che i giovani potranno finalmente «servire la patria con un’attività di valore agricolo».
Così, come accade sempre, da una comunicazione poco chiara è scaturita una serie di incomprensioni e conclusioni fuorvianti. Sui social media, alcuni hanno accusato l’intenzione di voler sfruttare la forza lavoro dei giovani. Fortunatamente, la pubblicazione del bando ed il Progetto Quadro hanno permesso di fare maggiore chiarezza sulla questione.
Per debellare ogni dubbio, ne parliamo con Laura Milani, presidente della Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile (CNESC), la quale ci assicura che dietro il polverone mediatico, le novità pratiche sono ben poche e distolgono l’attenzione da altri progetti che meriterebbero più notorietà.

Molti temono che questo servizio si limiterà a far lavorare i ragazzi nei campi, per un compenso di circa 5€ all’ora, credi che sia possibile questo risultato?

«Le dichiarazioni del ministro Lollobrigida hanno creato molta confusione, perché ha parlato di lavoro nei campi alludendo ad ambiti aziendali. In realtà il Programma Quadro conferma che il servizio civile agricolo è un bando tematico, e quindi si tratta sempre di servizio civile universale. Il bando è aperto esclusivamente agli enti che sono accreditati nell'Albo SCU, ovvero associazioni ed enti del terzo settore o enti locali. In alcun modo le aziende agricole potranno promuovere un progetto di servizio civile e l'attività nei campi, strettamente agricola o commerciale, non dovrebbe rientrare nei progetti. Potrebbe tuttavia rientrare in partenariato rispetto ad alcune attività. Infatti, le attività previste dal programma quadro rispettano le finalità del servizio civile di difesa nonviolenta, riconducibili all'impegno civico che si vuole promuovere tra i giovani, anche se alcune sono più borderline.»

Quindi che genere di attività vengono svolte nei progetti di servizio civile agricoli e agroalimentari?

«Le attività ammesse rientrano nell'agricoltura sociale, ovvero l’agricoltura legata al tema dell'inclusione di soggetti fragili e al tema educativo: fattorie didattiche, attività di educazione allo sviluppo, attività di riduzione dello spreco, promozione dell'economia circolare, ecc.»

Nel progetto c’è scritto che si tratta di una opportunità di «volta a sviluppare un maggior senso civico, una migliore percezione dei valori democratici e un rafforzamento delle proprie competenze di cittadinanza attiva». Come potrebbero queste attività contribuire a questo obiettivo?

«L’agricoltura sociale e lo sviluppo sostenibile inglobano la sfera economica, sociale e ambientale e le attività promosse hanno a che fare con l’impegno civico, riducendo l’impatto ambientale, gli sprechi, e coinvolgendo i soggetti più fragili. Ad esempio, nella Comunità Papa Giovanni XXIII c’è un progetto  di agricoltura sociale con la cooperativa Tesori della Terra in Piemonte. Questo contribuisce a sviluppare l’impegno civico e i valori democratici, perché promuove l’inclusione e la protezione dell’ambiente. Dall’altro lato però, ci sono anche dei rischi: ci sono delle attività citate nel Progetto Quadro e che sono ambigue; ad esempio la promozione di prodotti agricoli in contesto di eventi. Qui la preoccupazione è che si spinga per l’inserimento di aziende che puntano più all’ambito commerciale che sociale, impegno che non ha nulla a che fare con l’obiettivo del servizio civile.»

Secondo il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, i progetti di agricoltura sociale erano già presenti nel Servizio Civile Universale, cosa cambierà ora?

«Di fatto il Decreto 40 riferente al SCU prevede già il settore agricoltura, in particolare quella sociale. Sotto questo aspetto non c’è novità. Sicuramente ciò che cambia è la presenza di un Ministero dell'Agricoltura che promuove l’esperienza SCU e investe risorse, mettendo in evidenza la tematica dell'agricoltura. Le attività restano le stesse, ma cambia la gestione del progetto, che diventa più complessa: anziché avere un unico bando ordinario, il servizio civile viene spezzettato in servizio civile ordinario, agricolo, ambientale e digitale, moltiplicando gli avvii dei volontari e le formazioni. Anche in seguito delle dichiarazioni abbastanza fuorvianti del Ministro Lollobrigida, questi bandi tematici mettono confusione sul servizio civile: sembra che ci siano tanti servizi civili, ma il servizio civile è unico ed è universale. Sarebbe bene mantenere una comunicazione chiara a riguardo.»

Si parla molto di servizio agricolo, ma ci sono altri progetti di cui non si sente parlare, come l’istituzione dei Corpi Civili di Pace. Per quale motivo non hanno la stessa attenzione mediatica?

«Ci sono altre sperimentazioni che purtroppo restano in incognito, per esempio si conclude in questi giorni la terza annualità della Sperimentazione dei Corpi Civili di Pace: circa 150 giovani che hanno trascorso un anno in zone di conflitto e post-conflitto. Il progetto prevede interventi in Paesi che vivono complessità, come in America Latina, in Colombia, in Amazzonia, per sperimentare delle modalità alternative per prevenire e trasformare in modo non violento i conflitti. Viviamo in un periodo storico caratterizzato da guerre e da una corsa agli armamenti che non si ferma, compresa l’Italia ed i miliardi che attualmente spende in questo settore, per cui il progetto dei Corpi Civili di Pace è all'avanguardia promuovendo nonviolenza e disarmo. Di questo non si parla e non si dà visibilità. Lunedì, alla CNESC è emerso che questa sperimentazione va stabilizzata, potenziata e promossa ma tale sviluppo richiede volontà politica e risorse economiche. Siamo convinti che questo sarebbe un progetto da rilanciare in modalità prioritaria.»