20 Marzo 2025
Ultima modifica: 20 Marzo 2025 ore 07:46
Si può perdonare chi commette un reato?
L'intervento di Giorgio Pieri, responsabile delle CEC, alla Rai.
Foto di hasan-almasi-unsplashok
Giorgio Pieri è stato ospite alla trasmissione "A Sua Immagine", in una puntata dedicata alla conversione e al cambiamento. "Peccato" significa "sbagliare bersaglio", cercare la felicità nel posto sbagliato. Così Giorgio Pieri racconta che c'è sempre la speranza di cambiare, perdonare ed essere perdonati per trovare un futuro nel posto giusto. Anche per chi ha commesso reati.
Come si fa a cambiare? Chiede la presentatrice Lorena Bianchetti, durante la trasmissione “A Sua immagine”, andata in onda la scorsa domenica. Con il titolo “Una Quaresima di Conversione”, vengono intervistati Giorgio Pieri e padre Giuseppe Buffon sui temi del perdono, del cambiamento, della conversione. Si è discusso di fede, di male e di bene, ma anche della comprensione di un dolore umano che conduce al peccato e all’errore.
Il cambiamento nelle Comunità Educanti con i Carcerati
Giorgio Pieri, responsabile di 3 CEC della Comunità Papa Giovanni XXIII, racconta di quanto sia indispensabile la vita comunitaria in un percorso rieducativo e di cambiamento per le persone che stanno svolgendo pene alternative al carcere. Pieri spiega «Sono responsabile di tre case, ma in Italia ne abbiamo una decina. Dal 2004 sono passate circa 800 persone, e ho visto molti cambiamenti. Benedetto aveva 50 anni, dentro e fuori dal carcere. Ma l’esperienza in comunità gli ha permesso di cambiare sguardo su se stesso. La comunità significa obbligo e dono: è uno spazio dove è possibile guardare nella stessa direzione, aiutandosi a vicenda. Quando questo accade e tutti iniziano a ragionare così, uno inizia a guardarsi in modo diverso».
Pieri associa la Comunità ad un ospedale da campo, «la cappellina è la sala operatoria: lì preghiamo ogni giorno e lì avvengono le vere trasformazioni, la rivoluzione interiore» afferma. Ci invita poi a facilitare questo processo, affinché le realtà CEC vengano riconosciute dallo Stato.
Le ferite ed il dolore alla base di ogni errore
Nessuno nasce cattivo, e nessuno è il proprio errore, suggerisce Lorena Bianchetti riferendosi al famoso motto di don Oreste Benzi “l’uomo non è il suo errore” e Giorgio Pieri interviene con una riflessione sull’origine del male nell’uomo: «Il male cresce nelle ferite del cuore dell’uomo: spesso è una conseguenza della sofferenza. Abbiamo sperimentato, visitando carceri e comunità, che spesso il problema nasce nella relazione familiare, dove si sviluppano le ferite. La maggior parte di chi è in carcere ha avuto problemi relazionali con la famiglia, soprattutto con la figura paterna. È importante ricostituire un ordine interiore a partire dalla consapevolezza di quelle ferite.»
La storia di Gustavo
Gustavo era un uomo che maltrattava la moglie. In comunità gli è stato affiancato un uomo anziano. È stato costretto ad affrontare le sue ferite, nate da una relazione negativa con il padre. Dopo un lungo percorso, Gustavo ha detto: «Ora mi sento più padre e marito di quando ero a casa». Un ulteriore cammino di riconciliazione ha portato lui e sua moglie a ritrovarsi, grazie al suo cambiamento di prospettiva all'interno della vita comunitaria e a un lavoro interiore di comprensione. «Per la conversione bisogna posizionare i piedi in modo diverso, cambiare postura.» afferma Pieri.
La speranza di cambiare e di perdonare
Pieri ricorda le parole di Papa Francesco, incontrato in occasione del Giubileo della Misericordia: «Non c’è santo senza peccato, non c’è peccatore senza futuro». Poche parole che lasciano spazio alla speranza per tutti, anche per chi crede di non averne più. Quando si è bloccati dalla paura, da un grave sbaglio o da una dipendenza, non è facile uscirne. «Chi ha vissuto esperienze negative resta spesso imprigionato nel passato: serve un percorso di perdono. Abbiamo capito che i ragazzi devono chiedere perdono alla società, ma anche perdonare chi li ha fatti soffrire» ci spiega Giorgio Pieri, raccontandoci di quanta disperazione ci sia nei ragazzi che arrivano, ragazzi che non credono più in se stessi o nel futuro. «Noi crediamo in loro più di quanto loro credano in se stessi. Ridare speranza significa aiutarli a vedere che possono cambiare e riconoscere le cose positive in loro. Peccato significa "sbagliare bersaglio": loro cercavano la felicità nel posto sbagliato».