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17 Gennaio 2023

Com'è difficile la normalità per un bimbo ucraino

La fuga in Italia; gli occhi lucidi di mamma. Scuola, primo scoglio da superare.
Com'è difficile la normalità per un bimbo ucraino
Foto di Marco Tassinari
Poco meno di 200.000 profughi ucraini sono accolti in Italia, per la maggior parte donne. Alcune mamme si sono ritrovate a vivere, senza sceglierlo, a Roma in un Centro di accoglienza straordinaria nei pressi dell'Ospedale pediatrico Bambin Gesù.
Un sollecito, scritto gentile, sul quaderno di un bambino. È un bambino silenzioso, che a scuola non disturba ma che non lo si sa come prendere. È ucraino. «Queste sono i colori delle 5 federine che servono. Arte, trasparente; geografia, viola, italiano, rosso... i fogli a quadretti da 0,5 cm grazie». Firmato, la maestra.

Quaderno ucraino con le righe oblique
Scrivere sulle righe storte: un quaderno ucraino per imparare il corsivo.
Foto di Marco Tassinari
La mamma guarda il foglio. Poi guarda la volontaria, impegnata a tradurre. Ma i suoi occhi si fanno lucidi, piange. I quaderni del corsivo di suo figlio hanno le righe verticali oblique, non dritte come le nostre, perché lì è così che si usa, per imparare a scrivere con ordine.

Erano in 8 mamme, fuggite dalla guerra nel marzo 2022. La maggior parte dei loro figli soffre una qualche disabilità: ci sono bimbi autistici; con malattie genetiche; con qualche malformazione. Una mamma ha un tumore. Ed è per questo che in quel mese erano arrivate nei pressi dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. I papà, per chi l'aveva, erano rimasti nel Paese a combattere. E subito, arrivate alla Stazione Termini, iniziò un calvario: non avevano trovato nessuno ad accoglierle, a spiegare loro dove andare, cosa fare. Nessuno aveva chiesto ad una di loro com'era appena stato fuggire, incinta, dai piani bassi di un condominio mentre venivano bombardati quelli sopra. Quella donna ora guarda in basso di fronte a me, spingendo una piccola carrozzina. «E il bambino, nato in viaggio, è molto nervoso», mi conferma Tatiana, unica a capire l’italiano.

Volontari in cucina nella casa di accoglienza per profughi ucraini
Volontari in cucina nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII per profughi ucraini a Roma
Foto di Marco Tassinari
Bambini ucraini accolti a Roma, chiacchierano fra loro
Bambini nella casa di accoglienza per profughi ucraini della Comunità Papa Giovanni XXIII a Roma
Foto di Marco Tassinari
«Avevamo con noi il cambio per uno o due giorni al massimo; qualche quaderno. Ci portarono in un albergo, senza interpreti. Cercammo un modo per andare da sole a fare le visite mediche. Dopo ore di attesa, i dottori cercavano con il telefonino un modo per tradurci le diagnosi», mi racconta. Il calvario è durato fino alla presa in carico della loro situazione da parte della Prefettura, che a settembre 2022 le ha inserite in un ex convento delle suore francescane trasformato a Cas (Centro di accoglienza straordinaria) ed affidato alla Comunità Papa Giovanni XXIII. La casa ospita a fine 2022 5 donne, 6 bambini e 4 volontari; due di loro sono retribuiti per qualche ora al giorno come operatori. Capita che qualcuna delle donne a volte scoppi improvvisamente in lacrime, magari durante un pasto frugale. «Vuoi o non vuoi, dopo un po' le loro angosce diventano le nostre; siamo diventati tutti una famiglia», spiega Enkolina Shqau, coordinatrice della casa. 

Volontari aiutano le mamme ucraine con i quaderni di scuola
Roma. Volontari aiutano le mamme ucraine con i quaderni di scuola.
Foto di Marco Tassinari
Volontaria sorride
Martina, volontaria fra i profughi ucraini a Roma
Foto di Marco Tassinari
Tutti gli ospiti vivono nell'ansia di non poter più rivedere i propri cari rimasti in Ucraina. Hanno paura dei droni iraniani, «Perché — dicono — sparano a caso sui civili». Tatiana: «Riceviamo nel telefono le notizie dai nostri familiari, o degli amici più stretti, e ognuna di noi, anche se non si vede, piange un poco ogni giorno». Le donne vorrebbero ritornare a casa, ma non possono. «Una mamma da Charkiv ha trovato qui la cura per la malattia ossea della figlia; i medici sono bravissimi». Il futuro è sospeso. Un bambino di 9 anni non è iscritto a scuola perché potrebbe esser trasferito altrove da un giorno all'altro, ma quel giorno non arriva.

Alcuni di loro seguono a distanza le lezioni tenute online dai loro insegnanti ucraini. Che continuano ad insegnare loro a scrivere dritto, anche sulle righe storte.