Il Sud Sudan, il più giovane Stato del mondo, affronta una crisi profonda con scontri tra milizie e un rinvio delle elezioni. La popolazione vive in rassegnazione, dipendendo dall'aiuto umanitario mentre il cambiamento climatico aggrava la situazione.
Il Sud Sudan, il più giovane Stato del mondo, si trova nuovamente a fronteggiare una crisi profonda, caratterizzata da violenze persistenti e da un abbandono da parte della comunità internazionale. Gli scontri tra le Forze di difesa del popolo del Sud Sudan (SSPDF), leali al presidente
Salva Kiir, e la milizia
White Army, affiliata al Movimento di liberazione del popolo sudanese , guidato dal primo vicepresidente
Riek Machar, continuano a imperversare nel Paese.
La situazione si aggrava ulteriormente con il rinvio delle elezioni, inizialmente previste per dicembre 2024, ora posticipate alla fine del 2026, minando gli accordi di pace siglati nel 2018.
Una nazione dimenticata
Il vescovo di Bentiu,
Christian Carlassare,
denuncia l'abbandono del Sud Sudan da parte della comunità internazionale, affermando: «Il Paese giace letteralmente sul petrolio eppure è uno dei più poveri al mondo». Questa contraddizione è aggravata dalla mancanza di istituzioni capaci di garantire il dialogo sociale e la stabilità economica. La popolazione vive in una condizione di rassegnazione, spesso costretta a dipendere dall'aiuto umanitario, che ora è messo in discussione.
La mancanza di un sistema politico stabile ha portato a una
tribalizzazione delle milizie, rendendo difficile il controllo e la pacificazione. Carlassare sottolinea che «le elezioni sono fondamentali per rilanciare il Paese» e rappresentano un passo cruciale nel processo di democratizzazione. Tuttavia, il rinvio delle elezioni solleva interrogativi sulla reale volontà politica di attuare cambiamenti significativi.
Le sfide quotidiane e il cambiamento climatico
Il Sud Sudan affronta anche il
dramma delle alluvioni e del caldo intenso, che hanno costretto migliaia di persone a diventare sfollati interni. Il cambiamento climatico, aggravato dall'uso irresponsabile delle risorse naturali, ha reso alcune aree invivibili. Carlassare evidenzia che «il territorio della nostra diocesi è coperto da acqua per il 40%» e circa 800.000 persone sono costrette a cercare rifugio in luoghi più elevati, perdendo bestiame e terre coltivabili.
Inoltre,
il Sud Sudan accoglie circa 130.000 rifugiati sudanesi, che dipendono dagli aiuti delle agenzie umanitarie. La situazione è ulteriormente complicata dalla crescente difficoltà della comunità internazionale a fornire assistenza. Carlassare afferma: «C’è bisogno di stabilità politica ed economica per affrontare i veri problemi del Paese».
Il Papa, nella sua visita avvenuta nel 2023, aveva sottolineato l'importanza del coinvolgimento della comunità internazionale e ha denunciato lo sfruttamento delle risorse. La sua visita ha lasciato un segno profondo nella popolazione, che continua a pregare per lui in questo momento di debolezza fisica. «Il Papa ci insegna che ad indicare la strada non sono sempre i più forti, ma chi è debole e spesso messo da parte», afferma Carlassare.
In questo contesto,
la campagna “Cambiare la rotta” lanciata da organismi cattolici mira a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla n
ecessità di ridurre il debito dei Paesi poveri, come il Sud Sudan. Papa Francesco ha esortato i Paesi ricchi a «cancellare o ridurre quanto più possibile» il fardello del debito, che genera povertà e ingiustizia.
La crisi del debito e quella climatica sono due facce della stessa medaglia. Affrontarle richiede un impegno collettivo, riconoscendo che la stabilità economica e ambientale del pianeta dipende da scelte condivise. Ristrutturare il debito e investire nello sviluppo sostenibile non è solo un atto di giustizia verso le Nazioni più vulnerabili, ma una necessità per l’intera famiglia umana.