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3 Gennaio 2023
Ultima modifica: 10 Gennaio 2023 ore 14:51

Brasile, il missionario: «L'esercito rimasto fedele ha salvato il Presidente»

Il crescendo di tensione degli ultimi due mesi ha portato al tentativo di Golpe.
Brasile, il missionario: «L'esercito rimasto fedele ha salvato il Presidente»
Foto di di Sebastiao Moreira.
Il 1° gennaio si è insediato alla presidenza del Brasile Luiz Ignacio Lula da Silva. È tornato alla guida del Brasile il presidente sindacalista, al suo terzo mandato, trovando un Paese segnato dalle contraddizioni. Ne abbiamo parlato con Reno Riboni, lombardo, da 24 anni missionario fra le baraccopoli del grande Stato sudamericano.
Brasilia come Capitol Hill. L'assalto alle sedi del potere brasiliano da parte di migliaia di fan dell'ex presidente di destra Bolsonaro, che ha perso le ultime elezioni, ricorda quello avvenuto due anni fa negli Stati Uniti quando i supporter dell'ex presidente Trump invasero il Congresso americano.

Più che una similitudine sembra una vera e propria emulazione. Il 30 dicembre scorso, due giorni prima che entrasse in carica il neo-eletto Presidente Lula, Jair Bolsonaro è volato in Florida, proprio nello Stato dove vive Donald Trump, secondo alcuni analisti “è scappato” per timore di essere processato. La notizia di ieri è che è stato ricoverato in un ospedale di Orlando in Florida. Anche in questa situazione si ritiene possa essere una mossa per evitare un'eventuale estradizione.

Reno Riboni, missionario della Comunità Papa Giovanni in Brasile, conferma: «Da due mesi i bolsonaristi erano accampati davanti alle caserme delle principali città brasiliane per convincere l'esercito ad intervenire, ma l'esercito è sempre rimasto neutrale garantendo la fedeltà al Governo Brasiliano democraticamente eletto dal popolo».

«Molti manifestanti sono gente piena di soldi, come latifondisti, avvocati, liberi professionisti — continua Riboni — che temono politiche sociali inclusive che Lula ha già portato avanti nelle amministrazioni precedenti. Sono persone benestanti che potranno pagare per difendersi nei processi».

Intanto la polizia ha fermato 1.500 persone accusate di aver invaso e distrutto le sale del Congresso, della Corte Suprema e del Palazzo presidenziale.

Povertà e violenza, le vere sfide per il Presidente Lula

Nell'ottobre scorso il Brasile ha votato per eleggere il Presidente della Repubblica. Al ballottaggio del 30 ottobre, dopo un testa a testa serratissimo, ha vinto Luiz Inácio Lula da Silva – detto Lula – sconfiggendo il capo dello stato in carica, il leader della destra Jair Bolsonaro, primo presidente brasiliano a fallire nel suo tentativo di rielezione.

Lula, ex sindacalista, leader del partito dei lavoratori, ha ottenuto il 50,9% delle preferenze, contro il 49,1% di Bolsonaro. Era già stato presidente dal 2003 al 2011, dunque dal l° gennaio 2023 ha iniziato il suo terzo mandato.
La Repubblica Federale del Brasile è il quinto stato del mondo per estensione territoriale e – con i suoi 215 milioni di abitanti – è il sesto stato più popoloso del mondo. Una società multietnica formata dai discendenti di europei, indigeni, africani e asiatici. 

Per capire meglio un paese così complesso abbiamo raggiunto Reno Riboni, originario di Cremona in Lombardia, da 24 anni missionario in Brasile con sua moglie Anna. Insieme gestiscono una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII a Salvador de Bahia, dove hanno accolto oltre trenta persone, tra cui diversi disabili.
I missionari Reno Riboni e Anna Rossi con la loro casa famiglia a Salvador de Bahia. Originari della Lombardia, da 24 anni sono in missione di Brasile
Foto di di Stefano Vitali


Com'è vivere a Salvador?
«È un posto bellissimo. La città si estende su una penisola dove da un lato c'è la baia e dall'altro l'Oceano Atlantico. Il clima è secco, a differenza della Pianura Padana da cui proveniamo, e la temperatura non scende mai sotto i 20°.» 

È una delle città più antiche del Brasile.
«Fu la prima capitale del Brasile. Il nome “Baia di tutti i santi” le fu dato dal navigatore e cartografo italiano Amerigo Vespucci poiché vi approdò il 1º novembre 1501, Festa di tutti i santi, ed in onore della chiesa fiorentina della sua famiglia, San Salvatore in Ognissanti. Fu il primo porto coloniale brasiliano, secondo al mondo per la tratta degli schiavi: qui furono sbarcati un milione e mezzo di schiavi provenienti dall'Africa destinati nelle grandi piantagioni. Ragion per cui oggi gran parte della popolazione locale è di colore.»

Come sono state le elezioni presidenziali?
«Divisive. Come noto Bolsonaro non ha riconosciuto la sconfitta e per un mese non si è fatto vedere. Ci sono stati diversi scontri con posti di blocco con camion e presidi davanti alle caserme dell'esercito. Il partito liberale aveva chiesto di annullare una grossa parte dei voti espressi col sistema elettronico ma la Corte Suprema Elettorale ha respinto la richiesta. Dall'altra parte Lula è stato riabilitato dopo essere finito in carcere con l'accusa di corruzione: i processi a suo carico sono stati annullati per vizi di forma perché considerati non imparziali ma pilotati per motivi politici.»

Quali sono i problemi che dovrà affrontare Lula da presidente?

«Il Brasile è un paese continentale con un'orribile mancanza di distribuzione equa dei beni. Pieno di ricchezze naturali ma con una povertà devastante. Una società piena di contraddizioni con una delle peggiori redistribuzioni del reddito al mondo. Il Brasile è l'8° paese al mondo con più miliardari. Qui a Salvador ci sono i quartieri per i ricchi che sono circondati da alte mura, con filo spinato elettrificato e con agenti armati agli accessi che controllano chi entra. All'interno ci sono le villette con strade tranquille. Poi poco distante c'è la favela di Aguas Claras, un'enorme baraccopoli da 200mila abitanti.»

Com'è vivere in una baraccopoli?

«Estremamente pericoloso. È tutto precario, a cominciare dalla abitazioni costruite con legno, plastica e lamiera. Ogni volta che ci sono forti piogge una parte del terreno frana e fiumi di fango trascinano via case e persone. Non ci sono fogne, luce e scuole. Si stima che 11 milioni di persone vivano nelle favelas brasiliane in cerca di fortuna a ridosso delle grandi città.»

Uno dei problemi del Brasile è la violenza.
«È uno dei Paesi con il più alto tasso di omicidi al mondo ogni 100mila abitanti e quello col più alto numero di omicidi come valore assoluto. Tutte le grandi città sono pericolose. La povertà e la droga alimentano la violenza. Spesso si verificano scontri fra bande criminali rivali. In questa situazione anche la polizia subisce moltissime perdite e questo a sua volta provoca un uso della forza spropositato. L'anno scorso nello stato di Minas Gerais in una sola operazione di polizia furono uccise 27 persone sospettate di aver derubato banche. I sopravvissuti furono solo tre. In quell'occasione furono confiscate granate, carabine d’assalto, giubbotti antiproiettile ed esplosivi. Una situazione non facile.»

Come si comportano queste bande con la popolazione?
«Hanno il controllo di intere aree del territorio ed in alcune zone la polizia non entra. Ne fanno parte molti giovani, senza istruzione e poveri, armati fino ai denti, che gestiscono il locale traffico di droga. Qui vicino è successo che durante la pandemia nessuno rispettava le norme sanitarie raccomandate dal Sindaco. Finché passò un'auto di una milizia che con un altoparlante intimava di indossare la mascherina. Tutti lo hanno fatto.»

Cosa dovrebbe fare chi sta al Governo?
«Investire sull'istruzione. Lo Stato è assente, le scuole pubbliche sono pericolose e non si impara nulla. Quelle private sono per i ricchi. Il migliore investimento per il futuro del Brasile è lavorare sulla gioventù.»