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15 Febbraio 2025
Ultima modifica: 16 Febbraio 2025 ore 08:58

Suicidio assistito. Le implicazioni della legge approvata in Toscana

Il bioeticista: le norme approvate vanno oltre quanto previsto dalla Corte Costituzionale e cambiano il ruolo del medico.
Suicidio assistito. Le implicazioni della legge approvata in Toscana
Foto di Parentingupstream
Don Oreste Benzi diceva che, di fronte ad un problema, si elimina chi pone il problema piuttosto che dare le risposte di cui egli ha bisogno. Le conseguenze della legge per il paziente, il personale sanitario e la famiglia.
La Regione Toscana, prima in Italia, ha approvato la legge sul suicidio assistito.

Cosa aveva stabilito la Corte Costituzionale

Si tratta di una norma derivata dalle sentenze della Corte costituzionale che dal 2019 depenalizzano, a determinate condizioni, l’aiuto al suicidio.
La Corte, interpellata in seguito alla collaborazione di Marco Cappato al suicidio assistito in Svizzera di Fabio Atoniani (dj Fabo), sanciva la parziale illegittimità del Codice Penale riguardo all’aiuto al suicidio.  Tale decisione derivava da una interpretazione della Legge 219/2017 sulle Disposizioni anticipate di trattamento. Poiché questa già consentiva di lasciarsi morire in seguito al rifiuto di trattamenti di sostegno vitale, si deduceva vi dovesse essere analogo diritto alla morte anche senza tale rifiuto in modo da avere, attraverso la somministrazione di una sostanza letale, un decorso mortale indolore e più celere.
Contestualmente la Corte esprimeva preoccupazioni notevoli verso le persone più fragili ponendo in guardia da possibili abusi. A differenza della Legge 219 indicava che il malato, al momento della richiesta, sia capace di intendere e di volere, sia affetto da patologia irreversibile, con sofferenze fisiche o psichiche da lui ritenute intollerabili, sia soggetto a trattamenti di sostegno vitale. Tutti requisiti necessari, a parte il dolore fisico, ma non definiti nella loro gravità. Recentemente si è stabilito che per sostegno vitale si debbano intendere anche le cure infermieristiche, anche quelle gestite dai famigliari, comprese quelle previste ma non ancora necessarie.

Il suicido assistito diventa un diritto esigibile

La nuova norma rende il suicidio assistito un diritto esigibile, in Toscana, con tempi certi (meno di due mesi) e in modo gratuito, pur non essendo ciò previsto dalle sentenze della Corte costituzionale che all'ente pubblico affida come uniche competenze esclusive quelle di certificare le condizioni necessarie e di stabilire le procedure suicidarie.
Tutta la burocrazia del caso è concentrata su tempi di attesa inderogabili, a fronte delle lunghissime liste di attesa caratteristiche della maggior parte delle prestazioni sanitarie.
Mentre la Corte costituzionale si è espressa per depenalizzare il suicidio assistito in alcune particolari condizioni, la Regione Toscana ha legiferato per codificare un diritto definendone le procedure corrette al fine di avere le carte in regola per non incorrere in indagini o sanzioni. Il medico cura, salva la vita, talvolta accompagna alla morte. Oggi acquisisce una nuova competenza, in cortocircuito con le precedenti. Non più solo accettare il processo del morire non opponendovisi quando prossimo ed inevitabile ma con una parte attiva per provocarla. Normalmente il medico propone una terapia, la più idonea in scienza e coscienza. Al paziente il ruolo di accettarla o rifiutarla, secondo una propria valutazione costi-benefici.
Ora si invertiranno i ruoli. Il suicidio assistito sarà una prestazione in capo alla richiesta del paziente cui il medico dovrà rispondere verificati i requisiti di accesso. Una volta accertati dovrà prescrivere la pozione mortale all’aspirante suicida, al disperato, a colui che qui ed ora non trova un senso alla sua vita a causa delle sue sofferenze. Tutti sanno quanto questi pensieri di morte possano essere transitori. È evidente a tutti che il suicidio, una volta consumato, non concede ripensamenti. Fino ad oggi era considerato eroico salvare la vita ad un aspirante suicida, probabilmente domani si dovrà risarcire il danno di vivere alla mancata vittima.

Il valore della vita compromesso proprio nella "Giornata del malato"

Si è soliti pensare al paziente come unica vittima. Non è così. È vittima anche il personale sanitario e tecnico coinvolto in questa azione suicidaria. La coscienza, la dignità personale viene compressa, compromessa e calpestata. La famiglia ne subisce pesanti conseguenze quando non è essa stessa ad aver istigato il famigliare alla richiesta di suicidarsi. L’idea di cura, del valore della vita, del posto che occupano nella nostra società persone con malattie o con disabilità viene gravemente compromessa. 
Siamo di fronte ad una svolta epocale. Chi non sceglierà il suicidio dovrà chiedere scusa di esistere. Dovrà battersi il petto per il peso economico e sociale che rappresenta il suo attaccamento alla vita nonostante gli evidenti requisiti di accesso al suicidio assistito.
L’11 febbraio, data di approvazione della norma regionale, dal 1992 è la Giornata Mondiale del malato, mutuata dalla memoria della Madonna di Lourdes, posta nel giorno in cui ebbero inizio le apparizioni a Bernadette Soubirous nel 1858. Dal prossimo anno questa data coesisterà con l’anniversario di una legge nefasta. 
Don Oreste Benzi ripeteva che nella nostra società, di fronte ad un problema, si elimina chi pone il problema piuttosto che dare le risposte di cui egli ha bisogno. Oggi il dogma dell'autodeterminazione esaurisce il bisogno in una richiesta verbale, la propria volontà nella firma di un foglio, così raramente letto e difficilmente compreso. Il valore della vita supera quello della salute. È la solitudine la malattia più grave del nostro tempo. Talvolta si è disposti perfino ad invocare la morte nel tentativo di destare una qualche attenzione con la speranza di essere compresi nei bisogni più profondi.