Riccardo è un ragazzo di 17 anni che frequenta il quarto anno del liceo scientifico e gioca a pallavolo. Abita con i genitori ed il fratello 12enne in una villetta a Paderno Dugnano, nel benestante hinterland milanese. Le foto dei social restituiscono l’immagine di una famiglia felice, che visita città d’arte e fa gite in montagna e al mare. Tutti insieme sorridenti. Sabato 31 agosto festeggiano il compleanno di papà. Nella notte il 17enne uccide a coltellate fratello, madre e padre. E poi chiama i Carabinieri.
Una strage che lascia tutti attoniti. Come è possibile tanta crudeltà in una situazione così normale? E le famiglie si interrogano angosciate: potrebbe succedere anche a noi?
Ne abbiamo parlato con Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta, scrittore, padre di quattro figli, che ha recentemente dato alle stampe il libro “Allenare alla vita. Dieci principi per ridiventare genitori autorevoli”
«È un fatto di cui è necessario parlare perché ci racconta un disagio invisibile esplosivo che riguarda il mondo della famiglia. Io ho avuto tantissimi messaggi di genitori che si sentono vulnerabili. La narrazione è quella di un ragazzo che sta facendo tutto quello che ci si aspetta da un ragazzo della sua età, e una notte fa una mattanza. I genitori si domandano: “Cos’è questa cosa? Ma allora può capitare a tutti?”. È necessario parlarne per capire che c’è un disagio che non ha le caratteristiche che siamo abituati a riconoscere. Più in generale: cosa sta accadendo nelle nostre famiglie? Allora parlarne può essere un’opportunità per mettere in atto delle azioni che diventano fattori protettivi rispetto al disagio.»
«Il primo aspetto è favorire il più possibile la vita di relazione dei propri figli. Parole chiave che ha usato il ragazzo sono “sentirsi estraneo ed escluso”. Quindi il bisogno è quello di “sentirsi incluso e appartenente”. È importante il coinvolgimento e l’aderenza alla comunità di appartenenza. Quanto mio figlio appartiene alla sua comunità? Quanto ha desiderio della sua scuola? Della sua associazione? Degli amici?
Il secondo tema grande è: quali esperienze fa? Di che cosa si nutre? In quale palestra si allena alla vita? Abbiamo detto un milione di volta che c’è una grande dicotomia nel transitare tra vita reale e virtuale.
Terzo elemento: abbiamo garantito ai nostri figli un benessere 100%, li abbiamo protetti dal disagio, ma dentro si annida un altro disagio. Ecco allora l’importanza di coltivare l’area dell’interiorità, degli stati emotivi. “Ho dentro un male che non so di che cosa è fatto” ha detto. La fatica di crescere è costitutiva adolescenza, si sta benissimo e malissimo, c’è il bello e il brutto. Sembra non abbiamo favorito un’autonomia autentica, la capacità di sapersi riconoscere nelle difficoltà, anche quando si va in pezzi. C’è bisogno di più spiritualità, e della capacità di dare parola alle cose che accadono.
Un ultimo aspetto: la società non ha più tenuto direzione sugli aspetti non negoziabili. Un tempo c’erano i comandamenti: “Non uccidere”, non distruggere. La comunità non voleva essere repressa, ma avere degli argini. Le cornici sono importantissime: danno forma anche a quello che accade dentro.»
«Direi che prima di tutto occorre ristabilire un’alleanza tra noi genitori. Dove ci siamo persi? Come stiamo facendo squadra? Quanto mi confronto sulle questioni educative importanti? Quale è il senso di comunità? Altrimenti parliamo di appartenenza e noi per primi siamo chiusi in una bolla. È importante avere una rete di protezione, sostegno, auto mutuo aiuto, partendo dalle cose più semplici e concrete: quando è l’ultima volta che abbiamo invitato a cena una famiglia con figli? Che siamo usciti? Che abbiamo trascorso un weekend con altri? È da lì che passa la costruzione della rete sociale, dal generarla nel micro.»
«Ho sentito in questi giorni tantissima paura, spavento, ansia di guardare i propri figli per non vedere un mostro. C’è bisogno dell’esatto contrario. Essere coraggiosi e non spaventati, testimoni appassionati di vita adulta, che essere adulti è un privilegio. Continuare a nutrire la vita dei nostri figli con bellezza e dialogo.
Toglierli da uno stato di dipendenza da noi e dai loro strumenti di connessione elettronici. Spingerli verso l’autonomia, connessi con il principio di realtà.»