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2 Marzo 2022
Ultima modifica: 2 Marzo 2022 ore 13:40

Ucraina: non mandiamo armi ma una presenza nonviolenta

«L'Europa, anche l'Italia, risponde fornendo armi agli aggrediti. Ritengo questa una scelta che non può risolvere il conflitto.»
Ucraina: non mandiamo armi ma una presenza nonviolenta
Foto di ANSA
«Oggi probabilmente sarebbe utile una mobilitazione nonviolenta; magari - perché no? - con una marcia di centinaia di migliaia di persone che da vari Paesi vadano in Ucraina non per combattere ma per gridare al mondo la violenza di questa invasione e per sostenere la popolazione disperata.»
I fatti che si susseguono in questi giorni di bombardamenti sulla popolazione civile dell’Ucraina ci riempiono di sdegno. Famiglie sfollate, per lo più donne e bambini perché gli uomini sono alle armi per difendere il Paese dall’aggressore russo. Per far fronte a questa situazione si sta sviluppando un movimento di solidarietà con la disponibilità in vari Paesi europei all’accoglienza dei profughi. Lo stesso popolo ucraino con grande dignità si sta mobilitando per accogliere i propri parenti nei Paesi europei dove molti ucraini lavorano come badanti.
Oltre a questo ci sarà un altro popolo, quello russo, che subirà le sanzioni economiche e quindi vivrà nelle ristrettezze o nella povertà. Il tutto per la follia di un leader e di alcuni oligarchi che, ignari dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli, distruggono una nazione.

L’Europa, anche l’Italia, risponde fornendo armi agli aggrediti per potersi difendere. Ritengo questa una scelta che non può risolvere il conflitto perché aggiungere armi su armi in una guerra impari dove l’esercito russo è di dimensioni enormi rispetto a quello ucraino non fa che allontanare il cessate il fuoco.
La proposta è invece che l’Italia si impegni economicamente destinando fondi per la ricostruzione del Paese, degli edifici distrutti, per fornire un sistema sanitario efficiente e scolastico adeguato che possa far recuperare alla parte più debole del Paese le forze per un ritorno alla normalità.

Oggi probabilmente sarebbe utile una mobilitazione nonviolenta; magari - perché no? - con una marcia di centinaia di migliaia di persone che da vari Paesi vadano in Ucraina non per combattere ma per gridare al mondo la violenza di questa invasione e per sostenere la popolazione disperata.
In fondo l’appello di Papa Francesco di indire per oggi una giornata di digiuno e preghiera si muove su questa linea del tenere le mani alzate da tutte le parti del mondo per chiedere a Dio che doni la sapienza ai governanti affinché compiano scelte di pace.
È tempo di responsabilità e di ritornare a una scelta di essere fratelli tutti, un’unica umanità.
La sfida è di passare dall’occhio per occhio e dente per dente, ad una politica di dialogo e un’economia di giustizia che dia ad ognuno il suo.

Come Comunità Papa Giovanni XXIII abbiamo gridato insieme ad altre associazioni cattoliche il no secco agli armamenti nucleari, pericolo reale di questi giorni.  
Alcuni giovani della Comunità sono arrivati a Leopoli per condividere sul campo  le sorti della povera gente, siamo altrettanto aperti insieme a tante persone di buona volontà ad aprire le nostre case e famiglie per ospitare i profughi che ne avessero bisogno.
Che Maria madre dei poveri ci custodisca sulla via della pace.