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11 Giugno 2024
Ultima modifica: 11 Giugno 2024 ore 10:44

Una speranza nella trappola della droga

Gli operatori delle strutture terapeutiche Apg23 dell'America Latina si sono incontrati per affrontare insieme le nuove sfide legate alla dipendenza.
Una speranza nella trappola della droga
Foto di Massimiliano Travaglini
Lo scorso maggio, a Santiago del Cile, si sono incontrati una trentina di operatori provenienti da Bolivia, Brasile, Cile e Italia. Un momento per confrontarsi su come affrontare in modo coerente il dramma della droga.
Nel 1980 don Benzi cominciò ad aprire delle case per accogliere persone con problemi di tossicodipendenza, offrendo loro un percorso di riabilitazione. Man mano che la Comunità Papa Giovanni XXIII si diffondeva in varie nazioni del mondo, anche il metodo terapeutico veniva “esportato” aprendo strutture riabilitative in Brasile, Cile, Croazia e altri Paesi.
Lo scorso maggio, a Santiago del Cile, si è svolto il 4° incontro delle comunità terapeutiche (CT) Apg23 dell’America Latina. I partecipanti erano una trentina e provenivano dalla Bolivia, dal Brasile e dal Cile, oltre che dall’Italia. Questo incontro fa parte di un percorso più ampio, iniziato nel 2013, fondamentale per continuare un confronto su come affrontare le sfide educative che interpellano gli operatori nel contesto della cultura latinoamericana.

Le strutture terapeutiche in America Latina

«Un elemento di novità rispetto alle edizioni precedenti, è stata la partecipazione non solo dei membri di Comunità, ma di tutte le persone che lavorano nelle strutture terapeutiche Apg23 in America Latina» spiega Massimiliano Travaglini, responsabile della CT Maiolo, in provincia di Rimini, che da una decina d’anni accompagna le CT di Cile, Brasile, Bolivia.
Le CT in Sudamerica sono 9 di cui 4 in Bolivia, altre 4 in Brasile e una in Cile. Queste strutture attualmente ospitano più di 130 persone accompagnate nel loro percorso di liberazione dalle dipendenze da una quarantina di operatori e operatrici.
«Le droghe più pericolose qui sono la pasta base di cocaina, che è come il crack in Italia, e poi l’alcol» spiega Mauro Simiand, operatore della CT Sandra Sabattini in Cile. «La pasta base non è cara e si trova dappertutto. È lo scarto della cocaina e crea una dipendenza molto forte. Anche l’alcol è molto diffuso e ciò rende difficile togliere la dipendenza». 
Sandra Rodrigues de Souza, membro Apg23 e coordinatrice della CT Casa Nossa Senhora da Alegria, dice: «Per noi la sfida più grande oggi in Brasile è accogliere senza imposizioni le persone che sono nelle nostre strutture. La maggior parte delle persone che seguiamo sono traumatizzate dal passato, confuse e per loro è difficile scegliere di fidarsi. L'incostanza, il vittimismo, il senso di colpa sono molto forti». Questa fatica è condivisa anche da Natalia Rojas che lavora da 18 anni come assistente sociale e operatrice nella CT Sandra Sabattini in Cile: «È sempre più difficile creare legami con le persone che accogliamo, perché fanno fatica ad esprimere le loro emozioni e molti di loro arrivano con una doppia diagnosi».

Dopo la droga, la sfida è ricostruirsi una vita

Ma le sfide continuano anche dopo il percorso terapeutico: «Il rientro nella società, le opportunità di lavoro una volta finito il programma, riuscire a rielaborare e superare le violenze che hanno subito, perché molti di loro hanno subito abusi ma sono restii a parlarne» spiega Antonio Gammino, missionario in Bolivia dal 2000, è responsabile della CT Sant’Aquilina a La Paz e di San Vicente in Alto Beni. «I ragazzi che arrivano da noi non hanno un progetto di vita ben stabilito, spesso sono allo sbaraglio. La difficoltà più grande è aiutarli a prendere sicurezza in se stessi e far sperimentare loro una strada nuova, una vita nuova, a 360°». 

La speranza, tema dell'incontro di quest'anno

Davanti a questo scenario è facile scoraggiarsi, ecco perché è stato scelto come tema dell’incontro di quest’anno la speranza. «Speranza, non come ottimismo – spiega Max Travaglini – ma come ricerca autentica di senso nella nostra vita. La speranza genera vita, perché non è mai proiettata su noi stessi ma è rivolta all'altro favorendo quindi un bene comune che va oltre. È stata una due giorni benedetta dallo Spirito Santo: ci ha guidato, ci ha fatto sentire popolo, Comunità unita in cammino, ha aperto i nostri cuori all'ascolto al dialogo riconoscendo la bellezza dell'altro come dono».
Un dono che diventa anche una chiamata, una missione: «Un aspetto che ci caratterizza come Apg23 nel nostro approccio con le dipendenze è l’apertura ai più piccoli, a chi non vuole nessuno – dice Max –. Altre associazioni fanno delle selezioni su chi far entrare nelle CT basandosi sull’età o sulle patologie. Noi invece, in nome della vocazione, abbiamo un approccio speciale proprio verso le persone più problematiche e più ferite dalla vita».
Accogliere questa fragilità diventa un punto di forza: «Siamo in un’epoca completamente nuova – conclude Max – però noi abbiamo dei maestri che vivono con noi: prestando attenzione e amore a loro, riusciamo, anche con le nostre fatiche e limiti, a capire i cambiamenti e i passi che dobbiamo fare per poter essere contemporanei ai bisogni di oggi».