Foto di Caterina Balocco
Con la morte, oggi, di Sergio Zavoli se ne va l'ultimo dei grandi riminesi del '900. Lui e don Benzi hanno collaborato in varie occasioni e fu Zavoli ad accompagnare Don Benzi per la prima volta alla discoteca L'Altro Mondo. Ecco come entrambi ricordavano quella straordinaria esperienza.
Con Sergio Zavoli (1923-2020) se ne è andato l’ultimo dei grandi della Rimini del Novecento. Gli altri erano Federico Fellini e don Oreste Benzi. Il giornalista che, come tutti hanno sottolineato, ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo in televisione. Il regista affabulatore che ha firmato capolavori che sono pietre miliari nella storia del cinema. Il sacerdote della tonaca lisa che ha speso la vita per condividere il grido dei poveri e per portare i giovani ad un incontro simpatico con Cristo.
Don Oreste aveva intrattenuto rapporti sia con l’uno che con l’altro. Negli Stati Uniti, a cercare fondi per costruire sulle Dolomiti una casa vacanze per portarvi gli adolescenti, era andato con una lettera di Federico Fellini che gli potesse aprire le danarose porte di Hollywood.
A Sergio Zavoli è legato un altro episodio centrale della biografia di don Benzi: quella notte dell’estate 1991, a L’Altro Mondo, una delle più note discoteche di Rimini.
L'ingresso in un "mondo proibito"
Era la prima volta che un prete metteva piede in un locale da ballo per parlare di Dio ai giovani. Tre anni prima il sacerdote aveva chiesto e non ottenuto dall’amministratore apostolico Ersilio Tonini di potervi andare a celebrare la Messa della notte di Natale. Quella notte invece, «complici le amabili insistenze di Sergio Zavoli», come si ricorda nel libro Con questa tonaca lisa, don Oreste varcò la soglia di quel mondo proibito. Zavoli era impegnato a girare per la Rai una serie del ciclo Viaggio intorno all’uomo, quella volta dedicata ai giovani. Per documentare il mondo delle discoteche aveva scelto Rimini e L’Altro Mondo.
Questa la cronaca di don Oreste di quella memorabile serata: «Quando sono andato alla discoteca L'Altro Mondo, girando nella pista, ho chiesto a molti giovani da quanto tempo non si confessavano. Le risposte venivano spontanee, semplici. Mi sembrava che quei giovani aspettassero da dieci, dodici anni che qualcuno glielo chiedesse: tanti erano gli anni che non sì confessavano più. Ho chiesto il microfono per parlare a tutti da una pista sopraelevata. Non me lo volevano concedere per timore dei fischi che avrei potuto raccogliere. Alla fine mi hanno dato il microfono. Ho parlato loro di Gesù. Alla fine ho detto che la vita è una cosa meravigliosa, è la proiezione di un amore infinito. Ho detto: “Dio è in gamba, facciamogli un applauso”, e un migliaio di giovani, alle due di notte, ha applaudito a lungo Dio, a L'Altro Mondo. Poi un gruppo di giovani mi è venuto incontro e uno di loro mi ha detto: “Grazie, padre, che sei venuto. Come i padri dovrebbero stare più vicino a noi! Non lasciateci soli!”».
Zavoli: «Così condussi il mio amico prete in discoteca»
In un articolo di qualche anno fa, l’episodio fu ricordato anche da Zavoli: «Una volta a mezzanotte, in piena estate, mentre Rimini splendeva di luci, condussi il mio amico prete in una discoteca chiamata L’Altro Mondo. Come entrammo la musica cessò, trecento ragazzi incuriositi cessarono di ballare. Lui parlò di Gesù con le parole di tutti i giorni, girava già la droga, la capitale del divertimento era colma anche di prostituzione.
Don Oreste, andandosene, disse: “Forza ragazzi,vivere è anche pregare di non valere meno di un uomo. Sono sicuro che ce la faremo. Ci vorrà un po’ di responsabilità, cioè di fermezza e di pietà”. Non tutti capirono, ma scoppio un grande applauso, nessuno si tirò indietro”».
Nello stesso articolo, poco prima, Zavoli ricorda anche l’impegno del sacerdote per liberare le donne dalla schiavitù della prostituzione. «Ho avuto un amico a Rimini che si chiamava don Oreste Benzi. Oggi è un nome che risuona dappertutto, ma allora era un’altra epoca, con altre idee: non c’era notte, infatti, che non andasse in cerca di quelle “povere criste” per portarle nelle “case di accoglienza” dove si rivolgeva alle Maddalene con le parole del Vangelo ; ma anche con le sue, di lui prete, che la mattina verificava quante, entrate con buio, avevano deciso di restare.
Caro don Oreste, non ho dimenticato la storia di quella ragazza, diciassette anni, dalla quale, mentre gli stirava la camicia, il “protettore” pretendeva altro denaro; tu la portasti al pronto soccorso dove le trovarono, disegnata sul petto, la piaga del ferro da stiro».