Nella notte fra il 5 e il 6 febbraio 2023 si sono registrate in Turchia, a poche decine di chilometri dalle città di Gaziantep e a Nurdagi, due tremende scosse di terremoto di magnitudo 7,8 e 7,5 rispettivamente. Caso più unico che raro, quello di eventi sismici così ravvicinati, è stato aggravato a meno da un mese da devastanti alluvioni. Tutto questo mentre si sono svolte le elezioni più attese della storia recente turca, quelle in cui il Presidente uscente, Recep Tayyip Erdogan potrebbe essere battuto (al ballottaggio) da Kemal Kilicdaroglu, leader di un'opposizione che per la prima volta si è presentata unita in una unica coalizione, l'Alleanza della Nazione. Probabile il ballottaggio.
Il terremoto ha provocato (VaticanNews) oltre 50.000 vittime accertate fra Turchia e Siria, 120.000 feriti e oltre 2 milioni di sfollati. Ma non si tratta solo di perdite materiali e vittime, poiché il sisma segna soprattutto la fine di un'epoca per questa famosa città dell’antichità dove nacque la cristianità. Intervistiamo su questo Mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell'Anatolia. Il Vescovo cattolico italiano, gesuita, descrive un panorama desolante. Oltre il 90% delle case nell'antica città di Antiochia è crollato, inclusa la chiesa cattolica latina e quella ortodossa; «Qui per la prima volta i seguaci di Gesù furono chiamati Cristiani», riportano gli Atti degli Apostoli. Ora la comunità cristiana del posto, o quel che ne resta, si trova di fronte a una sfida senza precedenti.
6 febbraio 2023. Un terremoto con epicentro in Turchia ha seminato distruzione e morte
6 febbraio 2023. Un terremoto ha devastato la zona di Gaziantep
«Antiochia, che conservava tracce del quartiere ebraico dell'epoca degli apostoli, è stata completamente trasformata dalla furia del terremoto. Le strade e i vicoli che un tempo ospitavano la storia millenaria della cristianità sono ora ricoperti di macerie. È un momento di tristezza e di profonda riflessione; è doloroso vedere questa bellissima città, con i suoi piccoli vicoli, distrutta», confida il prelato, raggiunto telefonicamente mentre si trova in Italia. La possibile transizione politica solleva domande sul futuro del paese e sulle politiche che influenzeranno la ricostruzione di Antiochia.
È un momento di tristezza e di profonda riflessione
Mons. Paolo Bizzeti
«Le autorità — continua — stanno cercando di rimuovere le macerie e ricostruire: speriamo che non si decida di spianare tutto e costruire una città nuova. Questo segnerebbe la fine di un'epoca culturale molto significativa, anche per noi cristiani. Del resto pensare ad una ricostruzione del com'era è praticamente impossibile; anche le nostre comunità dovranno ripensare tutta la loro vita».
Com'è la relazione della comunità cristiana con l'attuale Governo?
Paolo Bizzeti spiega: «Le massime autorità governative ci conoscono bene e hanno sempre dialogato con noi, mentre troviamo più difficile far comprendere il nostro punto di vista agli amministratori locali, che non conoscono il cristianesimo. In Turchia le varie fedi hanno i loro luoghi di culto, ma non possono costruire nuovi luoghi dove esprimere la loro fede. Abbiamo la libertà di culto, ma non una vera libertà per far conoscere la nostra religione. Il trattato di Losanna del 1923 è un documento a parer mio non più realistico, in un mondo che è completamente cambiato».
Come sta affrontando la popolazione la situazione dopo il terremoto?
«Durante un terremoto, molte persone scappano dalle zone colpite, e quindi ci si aspetta che la popolazione di Antiochia, che contava 500.000 persone, si riduca a poche decine di migliaia. La fase attuale comporta sfide significative per i servizi sanitari, per il trasporto dei rifiuti, mentre dovrà continuare la rimozione delle macerie. Molte persone che hanno perso le case sono già sfollate presso parenti, amici o conoscenti in altre parti della Turchia; i più poveri si sono trasferiti invece in tendopoli, casette o container. Durante l'estate le temperature elevate renderanno quasi impossibile vivere in quelle condizioni. Le persone però stanno mostrando una straordinaria forza d'animo e una grande capacità di adattarsi e continuare a lottare per ricostruire un futuro migliore.
Qual è la situazione attuale per i molti rifugiati?
«Negli ultimi anni la Turchia ha accolto oltre 4 milioni di rifugiati provenienti dall'Iraq, dalla Siria, dall'Afghanistan e dall'Iran, persone che hanno lasciato tutto per cercare rifugio nel Paese. La loro situazione è drammatica. Alcune famiglie cristiane irachene sono qui da 10 anni; vorrebbero raggiungere l'Occidente, ma le porte per loro sono sprangate. I rifugiati ricevono uno status di rifugiato dall'ONU, e il governo determina in quale città possono risiedere, impedendo loro di spostarsi liberamente. Sono essenzialmente bloccati. I rifugiati siriani possono lavorare, ma gli iracheni e gli altri non hanno il permesso di lavorare regolarmente e si trovano a lavorare in nero. Chiunque cerchi di scappare in modo clandestino si troverà in una situazione ancora più precaria. Essere rifugiati è un'esperienza molto difficile e traumatica, e queste persone sono costrette a rimanere nel paese senza la possibilità di ricostruire le proprie vite. Come Chiesa, seguivamo prima del terremoto molte famiglie povere e rifugiate, ma dopo il terremoto il loro numero è aumentato considerevolmente».
Come si presenta la Turchia alle elezioni presidenziali?
Dopo il testa a testa di domenica, si va al ballottaggio: «È una novità che i partiti di opposizione si siano coalizzati in un'unica alleanza. Il paese ora è diviso a metà, quindi è difficile fare previsioni. Cosa cambierà? Posizioni estremiste sono presenti in entrambe le coalizioni. Se Erdogan dovesse vincere di nuovo, il suo potere aumenterà ancora. Se dovesse perdere, la coalizione dovrà affrontare vari problemi. Il Regime dovrebbe comunque rimanere democratico, il sistema politico è parlamentare anche se in Turchia non brilla la libertà di stampa e di espressione».
Qual è stato il ruolo di Caritas e di altre organizzazioni nel fornire aiuto alla popolazione colpita?
Paolo Bizzeti è anche Presidente di Caritas Turchia: «Caritas internazionale, Caritas Europa e Caritas Italia stanno fornendo un grande aiuto alle nostre comunità, come parte dell'azione pastorale della Chiesa. Abbiamo avuto belle collaborazioni con enti governativi per affrontare l'emergenza. Siamo solo una piccola goccia nel deserto, ma continueremo ad essere presenti e a fare la nostra parte».