Una gravidanza vissuta in solitudine, quando tutti sono contro. Oppure l'incidente inatteso dopo un incontro non voluto. L'interruzione di gravidanza è spesso vista come rimedio per superare il dolore. «Voglio abortire» diventa un urlo. Ma trovare un sostegno, anonimo e riservato, è possibile.
Una domanda urgente:
«Come abortire»?!? Una richiesta disperata che può rappresentare il grido d'aiuto di chi si sente senza alternative. L'appello porta a considerare le possibilità di
aborto farmacologico (chimico), l'aborto domiciliare, o l'
aborto chirurgico. Si aprono interrogativi sui tempi, i luoghi e i
costi coinvolti da una eventuale interruzione volontaria della gravidanza, spesso con interrogativi sul
come abortire naturalmente.
In queste situazioni complesse è essenziale per le donne trovare sostegno, attraverso servizi sanitari adeguati e programmi sociali mirati al supporto delle esigenze personali e familiari. La
legge 194 sull'aborto stabilisce infatti la necessità di offrire alternative concrete alle donne, attraverso ad esempio il sostegno economico, l'assistenza in casi di violenza o di
aborto richiesto dal partner, o con programmi di affiancamento in caso di rischi legati alle posssibili
disabilità del feto. Tutto questo può contribuire a fornire alle donne maggiore consapevolezza sulle diverse opzioni che si trovano ad affontare, e alla comprensione delle cause profonde che possono portarle a considerare l'interruzione della gravidanza.
Le cause più comuni che portano alla richiesta di abortire
La ricerca di informazioni su come abortire può essere motivata da una serie di pressioni sociali, familiari o personali. Ad esempio, una donna potrebbe sentirsi spinta verso l'aborto da dei genitori o persino di un medico, in situazioni di difficoltà oggettive. Fra le cause più comuni: malformazioni fetali o problemi economici. In alcuni casi, la prospettiva di
affrontare la maternità da sola, a causa della solitudine o dell'età giovane, potrebbe influenzare la decisione. Si vivono condizioni economiche precarie; si temono di non essere in grado di amare e accudire ad esempio un figlio con sindrome di Down. La gravidanza comporta infatti sempre un importante impatto, sia emotivo che sociale
I racconti di chi ha abortito
«Abortire non è facile. Da quel giorno ho spesso degli incubi. E ho pensato d’impazzire. Cercavo di sapere
come abortire in casa. Ma se avessi avuto più tempo per riflettere avrei ragionato; forse avrei potuto confrontarmi con i miei e mi avrebbero accettato. Se non avessi avuto quella fretta, sono sicura che avrei potuto fare una scelta diversa».
Leggi le testimonianze di chi ha abortito.
Natascia ha 37 anni e ha scelto di uscire allo scoperto, ripercorrendo coraggiosamente “in diretta”, momento per momento, quel terribile aborto “troppo veloce”. È solo una delle donne che hanno sentito l’esigenza di contattare il
numero verde gratuito del
Servizio maternità e Vita, per parlare con un esperto e chiedergli
come abortire.
Come abortire? Il numero verde
Anche la tua domanda è "Come abortire"?
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WhatsApp al numero 342.7457666 o chiamare al numero verde per la gravidanza indesiderata
800-035036.
Come abortire con la pillola?
La
pillola abortiva è un farmaco assunto per via orale da assumere
entro la settima settimana di gravidanza per interrompere una gravidanza. Si tratta di una compressa contenente il principio attivo
mifepristone, che ha l'effetto di bloccare l'azione del
progesterone necessario per mantenere la gravidanza.
Il
mifepristone è uno steroide sintetico. L’assunzione di questa sostanza, che compete con il progesterone, impedisce che quest’ultimo agisca e quindi porta all’uccisione del feto. Una seconda sostanza, assunta a distanza di due giorni, di solito il
misoprostol, provoca contrazioni all’utero e causa dunque l’espulsione del feto.
È importante sapere che la pillola abortiva non può essere acquistata in farmacia e può essere utilizzata solo in ospedali o strutture specializzate autorizzate a praticare l'interruzione della gravidanza. È diversa dalla pillola del giorno dopo e dalla pillola dei 5 giorni dopo, che sono utilizzate come contraccettivi d'emergenza per prevenire la gravidanza prima che avvenga.
La pillola abortiva può essere impiegata in diverse situazioni: per interrompere una gravidanza (entro dunque il 63° giorno dal primo giorno dell'ultimo ciclo mestruale); per dilatare la cervice prima di un intervento chirurgico durante il primo trimestre di gravidanza; come pre-trattamento prima della somministrazione di prostaglandine nell'aborto terapeutico oltre il terzo mese di gestazione; e per indurre il travaglio in caso di morte fetale all'interno dell'utero.
L'utilizzo della pillola abortiva è oggetto di dibattito, poiché alcuni ritengono che abbia forti controindicazioni per la salute fisica e psichica delle donne. Anche le pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo (che agisconono rendendo più difficile l'impianto dell'embrione nell'utero) possono avere un effetto abortivo, visto il concepimento già avvenuto.
Come abortire in casa?
La legislazione attuale consente di abortire in day-ospital, utilizzando la pillola per poi ritornare a casa.
Fra le associazioni, la Comunità Papa Giovanni XXIII fornisce consulenza alle donne in difficoltà con la gravidanza che stanno valutando come abortire. Molte chiamano perché sono interessate ad un aborto in casa, la maggior parte provengono da situazioni di difficoltà familiare.
Puoi chiedere un incontro riservato con un esperto o un confronto telefonico scrivendo un messaggio su WhatsApp oppure chiamando al numero 800.035036 .
Ho chiesto come abortire, la storia di Natascia
L’uomo a cui era legata era un tipo aggressivo, non solo a livello verbale. E lei ne era diventata quasi “dipendente”. Rimasta incinta, in un periodo di amenorrea in cui non stava più usando contraccettivi, Natascia — senza il sostegno del suo partner che anzi le chiede subito di abortire — cerca di informarsi e di capire cosa fare. È completamente da sola, per paura di ferire la sua famiglia (che ancora oggi non sa nulla).
«Ma tutto è stato molto veloce, troppo veloce», racconta. Qui la sua storia completa della sua
gravidanza indesidereata.
«Ho cercato su Google
come abortire e ho trovato il contatto di una ginecologa della città di lui.
Dopo due giorni avevo subito l’appuntamento. Mi ha chiesto: “Non è contenta vero?”. Ed io ho risposto: “No”. Dopo la visita, mi ha spiegato come funziona l’aborto farmacologico.
Mi disse che avrei dovuto solo assumere delle pillole, poi avrei avuto una mestruazione più abbondante e sarebbe tutto finito subito. Addirittura ha aggiunto: “Se fosse mia figlia, gliela consiglierei”. Siccome ero al limite, mi disse che avrebbe fatto un foglio falso, essendo nell’ottava settimana».
Raccontano gli operatori del
numero verde : «Natascia non immaginava cosa l’aspettava. Ancora oggi ripete che sapeva di fare un gesto terribile, ma che non aveva avuto abbastanza sostegno e tempo per pensarci bene».
Come abortire, il racconto momento per momento
«Non ho tutti ricordi nitidi. Ma ricordo che il mio compagno mi diceva che anche i suoi amici avevano fatto abortire alcune donne, che l’embrione era un affare piccolissimo. E che non era niente. Io, avevo solo una grande paura che questo bambino sarebbe stato aggredito dal padre, come era capitato a me».
Una settimana dopo Natascia riceve il primo farmaco (la
Ru486) e
poi torna a casa. Dopo due giorni, torna in ospedale, le danno altre due pastiglie.
Inizia a vomitare tantissimo. «Ho iniziato ad avere delle contrazioni dolorosissime — racconta con la voce rotta dall’emozione — continuavo a vomitare, i medici non mi davano nemmeno da bere, non mi han fatto le flebo, nulla. Mi hanno detto che se non avessi espulso il feto sarebbero dovuti intervenire. Verso sera, mentre ero in bagno è avvenuta questa espulsione.
Ho visto quel sacchetto rosso e dentro c’era l’embrione. È stato orribile! Anche dopo. Il mio utero ci ha messo molto tempo per tornare alle dimensioni normali. Ho avuto anche problemi alla tiroide e pure un fibroma. Non so se sono collegati all’aborto ma prima stavo bene e poi per diversi mesi sono stata male fisicamente. Non può essere dato questo farmaco così in fretta, senza spiegazioni, come fosse una medicina per il mal di testa».
Abortire in casa, le controindicazioni
Il
prof. Giuseppe Noia, Presidente dell'Associazione italiana Ginecologi e Ostretrici cattolici e Direttore dell’Hospice perinatale presso il Policlinico Gemelli di Roma - intervenendo nel corso della
diretta facebook promossa dal Comitato Sì alla famiglia di Modena e dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, lo scorso 28 aprile ha ben precisato che «
l’aborto farmacologico non è facile.
È un inganno che si risolva il problema “prendendo solo una pillola”… perché l’embrione è dentro al corpo e all’anima della madre. Proporlo come aborto facile è una banalizzazione. La scienza dovrebbe pure avere gli occhi della mente, della ragione, dell’intelligenza, proprio quelle menti mediche dovrebbero tutelare la salute delle donne».
Un dolore vissuto in solitudine
Un altro tema sottovalutato troppo spesso è la cosiddetta “proporzionalità traumatica”.
Si pensa che un piccolo embrione che muore è un piccolo trauma per la mamma. Dicono il contrario invece tanti studi e testimonianze di donne che hanno perso un figlio e non sapevano a chi rivolgersi per superare questa sofferenza. Se è ancora piccolo l’embrione, non cambia il dolore.
«La donna soffre in funzione della perdita della presenza del figlio, che è un protagonista, è relazionato con la madre, fino al punto di essere un medico della madre perché manda cellule staminali che vanno a guarire patologie della madre, e che può essere curato in utero con moderne tecnologie». Per questo l’embrione è un vero e proprio essere umano.
Ma la scienza — secondo il professor Noia — non vuole vederlo. «Le contrazioni espulsive sono molto più dolorose perché la donna sa di abortire, è attrice e spettatrice del processo abortivo. Spesso le perdite ematiche continuano fino a 14 o addirittura fino a 28 giorni».
Cosa comporta vedere l'embrione
Inoltre
l’espulsione può avvenire ovunque, a casa, mentre si è in famiglia, in contesti di lavoro, per strada. Angoscia e paura che è maggiore se — nel 56% delle donne secondo il British Medical Journal — la donna vede l’embrione quando viene espulso. Favorire l’aborto farmacologico a casa perché andare in ospedale aumenta il rischio del contagio da coronavirus, dunque, non è affatto sicuro.
La situazione è molto più grave
se l’emorragia è continua e bisogna correre al Pronto soccorso. E comunque, come ha spiegato il medico del Policlinico Gemelli,
bisogna in molti casi andare in ospedale per la revisione, per la verifica che tutto il materiale sia stato espulso. Per non dimenticare le complicanze nella fertilità: c’è un aumento di parti prematuri fino a 3 volte. Mancano supporti psicologici e ginecologi che spieghino con precisione alle donne cosa comporti un aborto farmacologico anche dal punto di vista fisico, a lungo termine, e psicologico. «Privare le donne dell’informazione equivale a rubare la loro salute, il loro corpo, il loro futuro e soprattutto la loro dignità. È un delitto contro l’umanità».
La questione resta ospedaliera
Ma nonostante non sia né facile, né indolore, né sicuro, il ricorso all’aborto farmacologico dal 2009 al 2016 è aumentato notevolmente. Pochi giorni fa proprio dall’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani era stata denunciata la necessità di favorirla ancora di più nei 21 servizi sanitari presenti in Italia, sostenendo che in Italia ha una diffusione molto bassa. Continua Nola: «
In tutti i Paesi in cui la Ru486 è in commercio viene utilizzata fino al 63esimo giorno (9 settimane), negli Stati Uniti fino a 10 settimane. Noi abbiamo chiesto di passare a 9 settimane e di incentivare la gestione ambulatoriale, che richiede uno sforzo organizzativo dei servizi del territorio, riducendo al minimo gli accessi della donna nella struttura».
Indietro non si torna
Secondo
Enrico Masini, bioeticista della Comunità di don Oreste Benzi, il problema è a monte. Già nei consultori la donna non ha normalmente il tempo di riflettere, di scegliere. A volte non le si chiede nemmeno come si chiama. «Se per caso le scappa “non lo voglio”, immediatamente tutto è organizzato, tutto è pronto per mettere in atto questa sua volontà: se sarà alle prime settimane di gravidanza immediatamente le verrà proposta la pillola abortiva; se si avvicina alla settima settimana questo intervento potrebbe essere programmato addirittura nel giro di poche ore, perché la
soluzione del problema gravidanza viene ritenuta prioritaria e nel 30% dei casi ha caratteri di urgenza e passa davanti a tutti gli altri interventi».
Inoltre Masini sottolinea che «oltre i due terzi dei medici ginecologi, soprattutto quelli ospedalieri, hanno dichiarato di essere obiettori di coscienza:
«Allora c’è da chiedersi perché oggi c’è tanta attenzione per la diffusione della pillola abortiva e se non si rischi un ritorno alla clandestinità, anziché tornare alla corretta applicazione della
legge 194. La legge che chiede un sostegno alle donne in gravidanza».