Il mio orecchio diventa un mouse; oppure ecco come ti comando il pc con i piedi. Quella di Simone Soria è una battaglia personale: dare una chance di comunicare con il computer a chiunque ne abbia voglia, anche quando il limite fisico sembra impedirlo.
Cosa succederebbe se la tua mano destra non potesse usare il mouse? Se non riuscissi a scrivere un whatsapp sul cellulare e nemmeno sfogliare il quotidiano del giorno? Nell’era del digitale e della comunicazione penseresti di venire tagliato fuori, additato come disabile o “con handicap” quindi diverso e spesso escluso.
E invece no! C’è chi le abilità le studia tutte, quelle intellettive, quelle motorie, quelle sensoriali, le potenzialità relazionali, scolastiche e quelle abitative. Si chiama Simone Soria ed è un genio modenese dell’informatica. Provandolo sulla sua pelle, Simone ha messo al centro la persona con disabilità e ha dato inizio ad una “battaglia” senza precedenti: dare una chance nel comunicare a chiunque ne abbia voglia, anche quando il limite fisico sembra impedirlo.
Simone dice di sé - con una grande dose di umorismo: «C’è chi mi ha battezzato “cerebroleso con tetraparesi spastica gravissima e importanti impedimenti nel linguaggio verbale, a causa di asfissia da parto”: paroloni che spaventano anche me! Alcuni amici dicono che sono nato per rompere le scatole e altri scherzano nel darmi dell’Iron Man, per aver sconfitto un linfoma dopo 6 mesi di chemio. Di fatto sono un ingegnere informatico». E ne va orgoglioso e ancora si ricorda quando il Magnifico Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia lo ha proclamato Dottore in ingegneria informatica.
FaceMOUSE: comunicare con il computer senza mani
Ecco allora che, iniziando come per gioco, ha deciso di mettere a punto uno strumento adattabile a tutte le esigenze per comunicare: il FaceMOUSE ideato durante la sua tesi di laurea, un ausilio per comunicare senza mani. Si adatta infatti a qualunque movimento, quello degli occhi come quello del dito o del mento, o del labbro.
Ma l’ingegner Soria non si è fermato qui. Nel frattempo si è sposato, nel 2012, con una giovane giapponese conosciuta a Milano, durante un viaggio di lavoro. «Ti sorprende? - mi chiede - Certo sostenermi nelle mie azioni quotidiane per lei può essere pesante ma siamo innamorati e sai che ti dico? Anche i genitori di mia moglie che all’inizio l’avevano presa un po’ così così perché hanno detto “non solo te ne vai in un Paese lontano, ma oltretutto sposi un disabile grave!”, poi in realtà quando mi hanno conosciuto un po’, anche loro sono stati contenti!».
Ma durante la settimana non si dedica solo alla famiglia e al suo PC. Simone Soria ha infatti dato vita ad un’Associazione chiamata Aida che progetta e sviluppa innovativi ausili informatici per disabili ed anziani ed è attorniato per le sue “imprese informatiche” da uno staff di professionisti del settore. Non a caso è stata intervistato anche da Giulio Golia delle Iene: un’opportunità che gli ha permesso di raggiungere migliaia di spettatori tra cui anche le persone con disabilità anche gravissima che hanno potuto richiedergli gli ausili per potere comunicare come gli altri. E così continua ad entrare in punta di piedi nelle case della gente per capire come potergli permettere di “parlare” col mondo. Come ha fatto anche lo scorso giovedì sera, raccontandosi senza titubanze, su invito della Comunità Papa Giovanni XXIII che in occasione della Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità ogni anno diffonde storie positive di piccoli e grandi, con l’iniziativa nazionale IO VALGO, proprio per incoraggiare ognuno ad essere protagonista là dove vive, ognuno con le sue caratteristiche e originalità. Così come ha fatto anche Simone nella sua terra emiliana.
Ma la sua sfida principale sono gli studenti con disabilità nelle scuole. «Il Covid di certo ci ha rallentato molto, ma abbiamo lavorato a distanza in videochiamata, spedendo gli ausili in prova e collegandoci in remoto per la formazione e l’adattamento dell’ausilio. In particolare stiamo seguendo diversi studenti con disabilità in giro per l’Italia, vedendolo in videochiamata una volta a settimana: spesso infatti c’è bisogno di adattare il percorso didattico all’ausilio e alla capacità dello studente, man mano durante l’anno e in collaborazione con i genitori e gli insegnanti. Nei casi più gravi insegniamo anche a leggere e a scrivere, poiché la persona, che magari è stata trascurata a causa della gravità del proprio handicap, ha diritto d’imparare. È un servizio che offriamo da circa tre anni in modo occasionale e che vorrei strutturare meglio nei prossimi mesi. Vorrei che rimanesse gratuito per chi non ha le possibilità economiche e per questo contiamo su donazioni e fondi». Il suo coraggio colpisce ma non da meno la sua fede che “abbatte ogni barriera”.
3 consigli per farcela da soli
Dalla sua carrozzina, ad ogni giovane disabile che avesse la possibilità di sperimentarsi nella vita indipendente, propone infatti tre semplici "ingredienti" per potercela fare "da solo":
«A tutti suggerirei per prima cosa di affidarsi a Dio, perché da soli non si può far niente: ogni progetto senza Dio fallisce. Affidarsi a Dio vuol dire porsi nei suoi confronti come un bambino piccolo vede i suoi genitori. Dio farà incontrare anche le persone giuste con cui realizzare il Suo progetto nella vita di ogni persona.
L’ottimismo, pur non sognando cose impossibili. Chi ha fede è anche ottimista, perché Dio è ottimista!
La costanza e la perseveranza. Le difficoltà ci sono, fanno parte della vita, come anche il male. Ma si superano con fede, costanza e perseveranza». Quindi parola d’ordine “non mollare mai” perché ognuno vale nella società.